venerdì 27 febbraio 2015

Tavola Calda: SUONI ED EMOZIONI. INTERVISTA A CHIARA VIDONIS



Originalità. È questa la prima parola che mi viene in mente pensando ai suoi lavori. A breve uscirà il suo album d’esordio.
Una voce graffiante e ruvida aggraziata da toni dolcissimi trasferisce i battiti del cuore in composizioni vibranti, bozzetti acustici ed elettrici che parlano dei movimenti di un’anima. Le piace Battisti. È di Trieste ma da qualche anno vive a Roma. È Chiara Vidonis.

Partiamo dal premio Pigro Cantautori in Vigna 2014, dedicato a Ivan Graziani. Cosa ha significato per te? Cosa ti ha spinto a fare la cover di Pigro?
Non partecipo a tutti i concorsi che vedo in giro, quelli a cui ho partecipato li ho sempre scelti con cura tra tanti, sicuramente troppi. Ho sempre amato Ivan Graziani, le sue canzoni, il suo modo di fare rock da cantautore, la sua personalità, partecipare già poteva essere una bella soddisfazione, vincerlo poi ha significato molto proprio per i motivi sopra detti. Dovevamo scegliere una cover da presentare accanto al’inedito e Pigro mi sembrava perfetta per una performance chitarra e voce. E’ oltretutto una delle canzoni di Graziani a cui sono piu’ legata da quando sono piccola, la faccio sempre durante i miei live.

Hai un modo di cantare molto viscerale, vissuto ed emotivo. Quali sono le tue influenze musicali e artistiche?
Mi sono avvicinata alla musica con quello che trovavo in casa, i dischi di mio fratello, in particolare De André e Guccini le mie due prime grandi passioni. Poi ho iniziato presto a cercare un mio modo di esprimermi, di scrivere musica mia, era quello che mi piaceva fare mi mancava musica composta da donne, non erano nei miei ascolti fino a che non ho scoperto Carmen Consoli ai suoi esordi rock e ne sono rimasta folgorata.
Diciamo che ammiro molto le personalita’ femminili nel rock, ma quelle poco scontate, quelle che anche solo a stare zitte su un palco hanno gia’ detto tutto. Janis Joplin, Beth Hart, Beth Gibbons, PJ Harvey per dirne alcune ma anche la splendida Cristina Dona’ o una personalita’ folle come quella di Nada.


Quando è avvenuto il tuo incontro/scontro con la musica?
Non ricordo bene, credo di essere stata sempre attratta dalla musica, Intorno ai 9 anni ho inziato a suonare la  chitarra, ho sempre scritto molto, quaderni di pensieri, cose, e quindi se non ricordo male intorno ai 12 anni ho scritto la mia prima canzone in inglese, è partito da là. Subito dopo pero’ ho iniziato a scrivere in italiano. E’ la mia lingua,non riuscirei ad esprimermi come voglio in inglese, anche se ogni tanto qualcosa in inglese la scrivo, mi preparo un piano di fuga.


Su cosa è incentrato il tuo album d’esordio?
Non so dirti, come spesso accade il primo disco e’ un best of di canzoni scritte in un arco temporale molto dilatato, sono 11 brani che sono un po’ il riassunto di quello che piu’ mi ha rappresentato in questi ultimi 5/6 anni, gli anni in cui ho definito, dal mio punto di vista, il mio stile. Essendo sempre a meta’ tra il mondo dei cantautori e il rock ho cercato di dare questo sapore al mio disco. Essendo poi un’autoproduzione ho potuto liberamente muovermi come volevo. Assieme a me in questa avventura ci sono persone davvero incredibili per la loro professionalità,  passione, dedizione e umanità.  Sono Stefano Bechini, Daniele Fiaschi, Andrea Palmeri e Simone de Filippis. Loro hanno suonato tutto nel disco e hanno un ruolo fondamentale nella produzione.

Da cosa parti per comporre una canzone? Un’emozione, una lettura, un suono?
Parto da quello che c’è, A volte mi viene in mente una frase, una linea melodica, le fisso e poi sviluppo tutto. Altre volte scrivo un testo e poi metto in musica, non ho delle regole precise, ma di solito il metodo che funziona meglio per me e’ l’improvvisazione.

Hai realizzato diverse cover tra cui Insieme a te sto bene di Lucio Battisti e Io e te di Edda. Che rapporto hai con queste canzoni?
Coverizzo solo chi amo, quindi il rapporto e’ di rispetto e amore. Amo molto il brano di Battisti perche’ potrebbe tranquillamente essere stato scritto ieri o tra 10 anni, sara’ sempre un brano attuale, diretto, semplice ed intenso. Edda invece è una scoperta più recente per me. Lo ascolto da quando ha avuto il suo debutto solista, quindi circa 5 anni fa, l’ho amato subito, non lo capivo bene all’inizio ma e’ un tipo di personalità che quando ti prende non ti molla, pretende che tu entri nella sua testa, non lo conosco personalmente ma questo e’ l’effetto che mi fa ascoltarlo. Io e te e’ una delle mie preferite.

Sei originaria di Trieste, ma vivi a Roma. In quale delle due città c’è più terreno fertile per le novità artistiche?
Beh è difficile dirlo, entrambe presentano dei vantaggi e degli svantaggi per un musicista, a Trieste suonano tutti ma non ci sono molti posti per farlo, è normale, non è una città grande e quello che c’è è comunque molto bello, appassionato.  A Roma ci sarebbero molte piu’ possibilita’ ma essendo comunque una città enorme, dispersiva, non è sempre facile emergere, ma non mi piace lamentarmi, poi uno deve sempre fare i conti con se stesso e con la sua capacita’ ad imporsi e darsi da fare.
         

Occidente

mercoledì 18 febbraio 2015

Tavola Calda: Suoni e ispirazioni per sensibilità metropolitane. INTERVISTA AI CRONACA E PREGHIERA











Membri della band:

Giuliano Billi: voce, chitarra, synth
Francesco Salvadori: chitarra, synth, cori
Ljubo Ungherelli: voce, performance
Vanessa Billi: voce, cori, synth
Antonio Polidoro: batteria, octopad



Ci troviamo di fronte ad un panorama dirompente ed esplosivo.

Un’unione incandescente fatta di chitarre distorte, drum muchine e sintetizzatori che si fondono in un miscuglio dal sapore piccante del post punk, dell’eco delle colonne sonore dei film di David Lynch, passando per i Daft Punk e il riverbero dei giornali scandalistici.
I Cronaca e Preghiera nutrono il loro progetto musicale con successo attraverso la diffusione online e, dal 2014, lo arricchiscono con un pacchetto di concerti dal vivo supportati da performance coreografiche.
Il loro omonimo album d’esordio è il frutto più autentico dell’autoproduzione, mezzo che consente una maggiore libertà economica ed espressiva.
Ai tre componenti della band si è aggiunto anche Ljubo Ungherelli, scrittore che ha all’attivo decine di romanzi, fan del gruppo, collaboratore ai testi e alle voci e artista totale.

Partiamo dall’inizio, dal titolo: Cronaca e preghiera. Come mai avete scelto questo nome? Che cosa è “Cronaca” e cosa è “Preghiera”?

Prima di tutto perché secondo noi suonava bene! Inoltre, mentre venivano fuori i primi brani, ci siamo resi conto che i testi in particolare avevano un preciso denominatore comune. Attingevano infatti, oltre al nostro personale vissuto, a fatti di cronaca estrapolati da giornali locali, così come da interviste, fumetti e altro ancora. Da qui il termine "Cronaca".
La "Preghiera" rappresenta invece la sublimazione della realtà, il nostro lato di spiritualità atea che dalla Cronaca trae spunto per raccontare la nostra visione del mondo.

Musicalmente sembra una sperimentazione che viaggia tra la new wave e il post punk degli ottanta unita alla migliore tradizione dello spoken word. Cosa vi ha spinto a seguire queste sonorità?

Il post punk è uno dei generi a cui siamo più affezionati ed è molto adatto alle tematiche che trattiamo nei testi; volevamo dare un suono molto urbano e metropolitano a questo disco. Ci sono però molte altre ispirazioni, prevalentemente di colonne sonore, specie quelle di David Lynch (in particolare per “La vita al tempo della crisi” e “Mi sposo un calciatore”) e David Cronenberg (per “Costa meno andare a troie”). In più, un uso dell’elettronica dettato tanto dal post punk quanto dai Daft Punk, ad esempio (“Condominio”).
In generale, tendiamo ad arricchire le canzoni con determinate peculiarità che a nostro parere servono a dare forza al messaggio, senza curarci più di tanto di eventuali rimandi o riferimenti.

I testi sembrano flussi di pensiero, sono molto espliciti, veri e surreali al tempo stesso. Da dove avete tratto l’ispirazione?

Quasi tutti i testi hanno un’origine autobiografica, filtrata dagli spunti di cronaca di cui si diceva poc’anzi. Usiamo spesso un linguaggio esplicito, non solo nelle parole ma anche nell’immediatezza, per svincolarci dall’abuso del testo ermetico (e incomprensibile), caratteristica del rock italiano anni ’80 e ’90. L’ispirazione viene dall’alienazione della vita nella metropoli e nella periferia suburbana (“Condominio”, “Una splendida giornata di sole”, “L’abominevole uomo cupo”) e dalla solitudine e superficialità con cui a volte si vive la coppia (“Costa meno andare a troie”, “Mi sposo un calciatore”, “Le cose sexy”). Un caso a parte è “Sogni infranti a Paderno Dugnano”, titolo letto su un giornale locale facendo colazione al bar. Strano accostamento tra due parole poetiche ed evocative e il brusco atterraggio sul nome di un comune lombardo. Da lì abbiamo incollato insieme vari stralci di articoli e ne è venuto fuori un ritratto disincantato e compassionevole della vita di provincia.

Quanta autobiografia è presente nei testi?

Moltissima, almeno l’80% dei testi parte da storie vissute in prima persona. Ci interessava in questo disco dare sfogo senza censure al lato oscuro, ai nostri sentimenti più negativi. “Condominio” racconta cose viste e vissute da Francesco quando abitava in un monolocale nel centro di Milano: le case di ringhiera milanesi rappresentano un microcosmo estremamente variopinto.  “Costa meno andare a troie” e “Ucciderti a rate” sono ritratti abbastanza fedeli di momenti di totale sfiducia nelle relazioni. C’è comunque una forte ironia che colora tutto questo nero, un modo di raccontare che paga pegno agli Skiantos, che ad onta dei giudizi più superficiali erano molto più di un semplice gruppo demenziale.

Come mai avete scelto di realizzare questo album attraverso l’autoproduzione?

Sentivamo che il disco doveva uscire così com’era nato: velocemente, senza ripensamenti. Quasi tutto il lavoro rispecchia i provini fatti in meno di una giornata. Non volevamo in quel momento produttori che ci dicessero cosa fare o ci costringessero a dilatare i tempi di pubblicazione. Così, dato che il mondo di oggi lo permette, abbiamo attinto ai nostri risparmi e registrato il disco, che stiamo promuovendo grazie al prezioso supporto di management e ufficio stampa di Astarte Agency. L’autoproduzione per un musicista è anche molto istruttiva, ti aiuta a capire fino in fondo i processi che vanno dalla creazione alla fruizione.

Ljubo, con che spirito ti sei approcciato a questo progetto? Quale è la tua idea di musica? Con quale forma d’arte preferisci comunicare?

A metà anni Duemila ero un fan della precedente incarnazione del gruppo, e quando mi è stato proposto di collaborare alla stesura dei testi di nuove canzoni ho accettato con incosciente entusiasmo, dato che non mi ero mai cimentato in questo genere di composizione (nell’altra mia esperienza musicale, Progetto Idioma, i testi erano stralci di miei romanzi declamati/urlati in modo assai poco ortodosso).
La mia idea di musica si può così riassumere: immediatezza, melodia, energia. E un’attenzione particolare allo spettacolo live nella sua accezione più ampia e non limitata a esecutori che suonano e cantano e fine. Tutti elementi che ritrovo in questa band.
Quest’anno cade il ventennale della mia carriera di scrittore ed è naturale che sia la prosa la forma espressiva con cui mi trovo più a mio agio. Mi sono comunque sempre rimesso in discussione e credo d’aver dato un significativo contributo anche in questa per me inedita veste di (co)autore di testi musicali.

Prossimi progetti in cantiere?

Suonare il nostro disco dal vivo il più possibile! Abbiamo due set, uno acustico per i club piccoli, più blues e intimo, e uno prettamente rock’n’roll per gli altri locali. Cerchiamo sempre di proporre un live che sia eccitante e coinvolgente a livello d’impatto scenico oltre che musicale. Siamo inoltre al lavoro su dei nuovi brani, mentre a breve vedrà la luce il videoclip del nostro secondo singolo “Ucciderti a rate”. Seguiteci ai concerti e sulle nostre piattaforme online e ne vedrete delle belle!


Occidente