venerdì 25 aprile 2014

FENOMENI DA BARACCONE: Un minuto di silenzio, grazie!



Rod Judkins- De Agostini: Ma sarà poi vero che la creatività è un dono innato? Questo testo ne sfata il mito


Creatività, segreti, idee, successo? Un minuto di silenzio, grazie. 
Penso che non serva aggiungere altro, la copertina parla da sola. 

Dopo tutto "non devo possedere un dono innato" per comunicare concetti un pò più elaborati, giusto?
Quindi starò zitta, la finisco qui.
O magari farò un "brain storming" di concetti, che è molto creativo alternativo.  
Anzi no! 
alla fine penso che vi saluterò, in fin dei conti possiedo 50 segreti creativi per rendere queste poche righe un successo.

Barnum


mercoledì 23 aprile 2014

INTERCEPTOR: senza titolo

Oggi che è passato qualche giorno dal clamore dovuto all'arresto di Marcello Dell'Utri a Beirut si può dire qualche parola al riguardo. Questo articolo è senza titolo perchè questa vicenda rappresenta al suo massimo il cupio dissolvi della società contemporanea, italiana in specie, e quindi non serve denotarlo in qualche modo particolare.
Prima domanda: quanti titoli di telegiornale avete sentito oggi sulla vicenda? Quante prime pagine di importanti quotidiani italiani? Beh oddio, qualcuno obietterà che la vicenda è vecchia: già, di ben due settimane. Ma scusate, viviamo o no nel paese in cui per il mitico Rubygate l'ossessione per la vicenda è durata mesi, con tanto di questionari a mezzo stampa per gli allora premier, reiterati per settimane? Un abuso d'ufficio e un giro di mignotte valgono più di trent'anni di mafia? In Italia, sì. Sono stati casi mediatici più clamorosi la corruzione MPS, i loschi giri d'affari attorno alla protezione civile di Bertolaso, gli scandali sui rimborsi spese per le giunte regionali. Che, beninteso, sono scandali ANCHE in Italia, (inclusa la mignottocrazia che qualcuno vuole depenalizzare) e meritano lo spazio che hanno. 
La mafia no. Ancora ieri la cassazione confermava i rapporti di Dell'Utri con la cosca Piromalli ('ndrangheta); mentre il suo processo procede penosamente da quasi due decenni. Ma di sbilanciarsi a dare qualche dettaglio, l'inutile stampa italiana non ne vuol sapere. La sera della sentenza di primo grado, nel 2004, Porta a Porta parlava del delitto di Cogne. L'unica volta che il processo rischiò di divenire pubblico per davvero fu 
addirittura prima, quando Luttazzi e Travaglio ne parlarono a Satyricon nel 2001, venendo linciati immantinente dalla massa dei commentatori di tv e stampa per aver travalicato i limiti della satira (!). Pochi si accorsero che era cronaca (andatevi a rileggere i commenti, troverete nomi insospettabili) Seconda domanda: i termini di custodia in Libano decorrono a un mese dall'arresto preventivo, che sarebbe il 12 maggio. Di qui ad allora, riusciranno i nostri eroi in cassazione a partorire una sentenza, per assicurare alla giustizia il latitante, incidentalmente fondatore e massimo ispiratore di Forza Italia, partito che ha avuto qualcosina a che fare con il governo dell'Italia per venti (20!) anni? Non si sa. Vedremo a breve. Terza domanda: davvero tutto questo può stupire chi ha un minimo di dimestichezza con la cronaca politico-penale del paese? Difficilmente.
Solo poche settimane fa c'è stato il caso Genovese nel PD (nomen omen, per chi ha presente la cupola newyorkese ritratta ne "Il Padrino", che poi a parte i Corleone era una copia sputata del vero Gotha della mafia a New York negli anni '50 (!)) e poco prima il medesimo PD ha avuto il caso Crisafulli. A destra, i nomi Cosentino e Miccicchè sono abitudinari delle cronache politico-malavitose, ma ci staremmo dimenticando di un ex presidente del Senato indagato a lungo per mafia, scusate la volgarità: Renato Schifani. Poi all'europarlamento pare tornerà Mastella, testimone di nozze nel 2001 di francesco Campanella, oggi misconosciuto pentito, peccato che faceva parte della squadra che portò Provenzano a farsi operare a Marsiglia quando questi era il latitante più ricercato d'Italia.

Fottute coincidenze.

Questa rassegna potrebbe procedere a lungo, a lungo, e andare indietro nel tempo, citare Andreotti e Berlusconi e un sacco di cose che si sanno, da Portella della ginestra in poi, o anche indietro (esistono tanti bei libri, io consiglio sempre "Il ritorno del principe" di Lodato e Scarpinato, eccellente). Ma non lo farò. Mi risulta indigesto ormai capire come, oltre che vietate sulla stampa, queste vicende sono indigeste alla memoria delle persone. Con tutte le rivelazioni che ci sono state ce ne sarebbe a sufficienza per togliere la dignità a buona parte del parlamente, prima ancora che si inizi a parlare della solita casta, delle solite ruberie, della solita inefficienza legislativa, ecc ecc ecc ecc ecc ecc ecc.
Ma tutto sommato, mi pare di capire che provare a sviscerare la realtà dei fatti per molti cittadini sarebbe davvero davvero troppo fastidioso. Insomma, un pò come mettere del raziocinio, e non un sogno o un'illusione, col proprio voto nelle urne. No decisamente, sarebbe troppo poco da italiani.

Buona vita sudditi!
Toe Cutter










venerdì 18 aprile 2014

TAVOLA CALDA: Ian Curtis. In memoria di un poeta ipersensibile





Ian Curtis.  

Un’icona, un punto di riferimento, un idolo. Un poeta maledetto che ha sbagliato epoca in cui reincarnarsi e ha deciso di cantare in un gruppo punk per dare voce al suo disagio. Un martire dell’esistenzialismo post  moderno. L’uomo che ha trasformato le ceneri del movimento punk in qualcos’altro.

Fan sfegatato di David Bowie, gira voce che dopo un concerto si sia portato a casa una bacchetta del batterista quasi fosse una reliquia da adorare.

Nato nel 1956 nella Manchester operaia, figlio di un poliziotto, orgogliosamente fiero della sua appartenenza alla working class, Ian Kevin Curtis ha un apparato emotivo che lo porta altrove, lontano e in direzione opposta rispetto a ciò che il contesto in cui vive gli richiede  per poter essere considerato e inquadrato in una norma identificabile.

Ian Curtis, come molti altri personaggi del secondo novecento quali  Jim Morrison, Kurt Cobain e James Dean per il mondo del cinema, si è ritrovato a gestire una sensibilità estrema che lo porta a farsi soverchiare dalle proprie paure e conseguentemente a voler fuggire il più velocemente possibile da queste, seguendo una strada infuocata che lo conduce verso un inevitabile baratro.

Ispirato da Nietzche, Rimbaud e Baudleare scrive testi intensi, intimisti, intrisi di quella malinconia che quando viene urlata o sussurrata in un microfono diventa catarsi, simbolo della discesa di un crepuscolo interiore.

Quando tutti, all’interno della scena controculturale e operaia dell’Inghilterra degli anni settanta, a Manchester, portano i capelli lunghi e pogano ai concerti dei Sex Pistols, lui se ne sta in disparte con i capelli corti e subisce il fascino dei padri del punk, della etica del no future, del bruciare in fretta.

A quel fatidico concerto parteciperanno anche altri quattro ragazzi, i quali diventeranno bassista, chitarrista e batterista di una band che lascerà il segno.

Anche loro ammaliati da quei suoni taglienti e carichi di furore, si mettono alla disperata ricerca di un cantante per dar vita al loro progetto.

Qualche tempo dopo li raggiunge Ian, vestito di tutto punto con un giubbotto di pelle con la scritta ‘Hate’ che significa ‘odio’.

La sorpresa data dallo sconcerto li porta ad arruolarlo come cantante, anche se non sarebbe male nemmeno  come poeta e fondano un gruppo di nome Warzaw come la canzone di David Bowie, per via delle tenebrose tinte post-industriali.

Solo che un gruppo di nome Warsaw esiste già, allora Ian propone un drastico cambio di nome: Joy Division ovvero ‘Divisione della gioia’ tratto dal titolo di un romanzo ispirato ad una sezione dei campi di concentramento nazisti.

Con il primo ep, An Ideal for leaving, il gruppo ottiene un dignitoso successo di circuito, affermandosi come degno erede e miglior interprete dell’ondata post punk.

Ian sul palco canta in maniera lugubre sussurrando le parole, poi, improvvisamente, parte in una danza che sembra una convulsione epilettica, come un profeta invasato. Perché Ian soffre davvero di epilessia, male di cui non trova una spiegazione e che si trascinerà per tutta la sua vita.

Già, la sua vita. Ian non sembra amarla molto, o meglio, amare le convenzioni con cui la vita si presenta. Si sposa a diciannove anni, dopo un breve fidanzamento e dopo aver abusato di sostanze di ogni tipo.

C’è qualcosa, della vita, che la sua anima sensibile non concepisce. Ha tentato di indagare l’inquietudine descrivendola nei testi e cantandola sui palchi ma non gli è bastato.

Una sera del 1980, quando si trovava a casa da solo, decide di porre fine alla sua esistenza, seguendo le macabre ombre di James Dean e Jim Morrison.

In sottofondo un disco di Iggy Pop, neanche a farlo apposta uno dei numi tutelari del punk.

Quello che Ian lascia, oltre a canzoni che sono delle vere e proprie poesie che scandagliano le ombre dell’anima, è la sensazione che la propria sensibilità personale  può tramutarsi in un macigno che ti trascina in un pozzo o in un appiglio che ti rinforza, insomma un bene da salvaguardare.


Occidente

mercoledì 2 aprile 2014

INETTITUDINE


In un mondo ideale la classe dirigente, o quella che viene spesso chiamata elite, dovrebbe essere composta da personalità d'alto livello, acculturate e che hanno dimostrato il loro valore: in poche parole il meglio della società. Nella realtà le cose funzionano assai diversamente.
I metodi di selezione spesso si basano su logiche da bande di potere, dove vengono premiati il servilismo e la tacita obbedienza verso il padrone di turno. In questo modo, anche nelle tanto esaltate democrazie occidentali, si finisce per selezionare i mediocri o i furbastri, maneggioni, yes man, fino ai criminali veri e propri, se possono portare voti (Salvo Lima docet).
Nella politica italiana questo sistema è evidentissimo, con tratti surreali e grotteschi alla Scillipoti o Razzi. Ma lasciando perdere tali miserabili macchiette, che contano nulla al di là del pigiare quattro bottoni, non si può non rimanere basiti (di nuovo!) di fronte all'incompetenza dei ministri, i quali hanno un ruolo decisamente più importante rispetto ai peones strapagati in parlamento. Come per esempio il Ministro della Difesa Roberta Pinottihttp://it.wikipedia.org/wiki/Roberta_Pinotti
La suddetta tizia ha svolto il classico Cursus Honorum all'interno di una della bande di questa penisola: il Partito Democratico, prima Ds, Pds, ecc. Ma soprattutto ha bazzicato fin dal 2007 negli ambienti legati alle forze armate e alla difesa. Con Renzi il salto di qualità finale giunge a compimento. Poi, un giorno, la troviamo in Tv.... (min 3:24)



L'apoteosi delle minchiate. A quanto pare la suddetta ha scambiato l'F-35 (http://it.wikipedia.org/wiki/Lockheed_Martin_F-35_Lightning_II) per un ABM volante... (http://it.wikipedia.org/wiki/Missile_anti-balistico). Ora è comprensibile questo errore da parte di un cittadino comune, ma da parte di un ministro che si interessa di difesa dal 2007, è semplicemente aberrante.
Ma lei è solo l'ultima arrivata di un'intera legione di imbecilli che ha popolato i governi della seconda repubblica (nella prima repubblica erano quasi tutti nettamente più preparati, compresi quelli criminali). 
Non parliamo poi della sua collega Marianna Madia, la quale è stata portata al ministero unicamente grazie alle coperture di Veltroni e Napolitano (ennesimo Cursus Honorum all'insegna della mediocrità) e che una volta giunta allo scranno, se ne uscita così:


O candida innocenza o scemenza... Lascio al lettore la scelta.

Edward Green