Fantasia. Non solo invenzione
artistica ma anche indagine dell’anima.
Un’indagine che si pone il fine, nobile
e difficile, di andare oltre il limite, spesso invalicabile, della retorica.
La retorica del fatto che vada
tutto bene, del fatto che sono tutti italiani, un popolo di santi, poeti,
navigatori e via di retorica andante.
Su Fabrizio De Andrè è stato
detto di tutto e di più: “Il più grande poeta del novecento”, “uno chansonnier”,
il regista Wim Wenders addirittura lo ha definito un “santo”.
Dopo le definizioni sorge
spontaneo anche chiedersi cosa avrebbe pensato Fabrizio De Andrè di queste stesse
definizioni, perché ormai De Andrè è di tutti e ognuno gli appiccica una parte
di sé alleggerendo se stesso e i propri pensieri ma appesantendo una figura
che, nonostante le definizioni, ha lasciato un marchio indelebile nel modo di
fare musica, di pensarla, non solo, ma anche nel gettare lo sguardo oltre il
proprio ombelico.
Andrea Scanzi, firma illustre del
giornalismo italiano, ha colto l’essenza dell’arte di De Andrè ed insieme a
Giulio Casale, voce degli Estra, chitarrista e scrittore, ha dato vita ad uno
spettacolo teatrale che ripercorre l’opera musicale del cantautore genovese
intersecandola con la sua emotività. Il
titolo è emblematico: Le cattive strade, proprio come la celebre canzone e le
strade preferite dall'
artista di Genova.
Cattive strade non per forza dal
punto di vista morale, ma cattive in quanto fuori dall’ordinario, dal gruppo,
etichettate diverse e disgustose secondo il pregiudizio comune.
Ma per questo più vere, vitali,
oneste e, soprattutto, in grado di smantellare tutte quelle gabbie mentali e di
aprire lo sguardo verso la dignità umana dell’Altro (con la A maiuscola),
messaggio di cui De Andrè si farà portavoce già a partire dalla Buona Novella.
Il racconto della biografia
deandreiana è inframmezzato da interpretazioni acustiche di canzoni epocali
come Inverno, La canzone del maggio o la bruciante Preghiera in gennaio
(dedicata al compianto Luigi Tenco).
Con questo spettacolo Scanzi ha
raccolto il testimone di De Andrè facendosi megafono di un messaggio che parte
dal cuore ed istintivamente sta dalla parte degli esclusi, degli emarginati, di
chi per nascita od essenza è destinato a stare fuori da qualsiasi tipo gruppo,
branco, istituzione ma di questo ne fa
una medaglia, un vanto, un motivo quasi di
orgoglio.
Occidente
Nessun commento:
Posta un commento