L’energia vitale si diffonde in
diverse forme, ognuna di queste con un proprio scopo e in grado di comunicare
con la parte più importante e profonda di chi si mette in connessione. La
musica svolge indubbiamente un ruolo importante in questo processo.
Gli anni ottanta e novanta sono
stati il periodo in cui il concetto di cultura underground ha assunto una
risonanza globalizzata, esplosiva e liberatoria. La musica rock ha intercettato
stati d’animo inquieti e spaesati ed ha offerto loro una nuova spinta, vitale
ed energica.
Elisa Russo, giornalista ed ora anche scrittrice, è riuscita a
riassumere questa atmosfera fibrillante nel suo romanzo d’esordio Uomini. I Ritmo Tribale, Edda e la scena
musicale milanese, uscito il 2 ottobre 2014 per la casa editrice bolognese
Odoya.
Un vero e proprio romanzo corale
che descrive la nascita di una scena musicale affidata ai racconti in presa
diretta da parte dei protagonisti, come in un documentario. <<Il libro si intitola Uomini, come una
bellissima canzone dei Ritmo Tribale perché dentro ci sono le vite e le storie
di questi uomini, non soltanto i loro percorsi musicali>> dice Elisa.
Vite a tutti gli effetti fuori
dagli schemi, morse fino all’osso, lontane dai riflettori del politicamente
corretto ma mai stereotipate secondo gli slogan urlati dalla propaganda più
becera e datata.
Si parla del disagio di una
generazione costretta a vivere in una metropoli post-industriale con i suoi
chiaroscuri, il crollo delle ideologie, la nascita del movimento punk,
l’esperienza a volte libertaria, altre volte dogmatica dei centri sociali, il
movimento femminista ma soprattutto la voglia di incanalare il proprio disagio
in una musica tagliente, adrenalinica ed essenziale. E, perché no, anche
ironica.
Partendo da una panchina di
piazza Sant’Eustorgio e arrivando alla sala prove di Villa Amantea si formerà
il primo nucleo dei Ritmo Tribale che faranno da apripista ai vari gruppi che
popoleranno il sottobosco underground degli anni a venire. E’ un periodo di
gestazione che consegnerà alla musica i La Crus, i Casino Royale, gli
Afterhours e molti altri. Attorno a questa scena si costituirà il Jungle Sound,
un futuristico studio di registrazione rimasto attivo fino al 2009 che ha
segnato con qualità inaspettate il timbro di diversi progetti musicali. Una
scena che ha contribuito ad alimentare la poesia del rock degli anni novanta
pur essendo già attiva da parecchio prima del 1991, anno in cui Nevermind dei Nirvana è salito in cima
alle classifiche.
La narrazione tocca per forza di
cose anche la biografia esistenziale di Stefano Edda Rampoldi, voce magica di
quel periodo, in grado di intercettare l’anima di chi ascolta attraverso testi
di poesia reale ed espressione dell’anima. È arrivato al suo terzo disco dopo
il suo debutto da solista nel 2009, il disco più rock di tutti.
Un romanzo corale, si diceva, biografico,
a cui sarebbe giusto aggiungere l’aggettivo epico, perché è proprio di epica
che è composto il nucleo vitale del romanzo stesso. Si tratta dell’epica
dell’esistenza di persone che hanno deciso di seguire un loro tipo di strada,
con tutte le fatiche e gli errori che una scelta di questo genere può
comportare, ma era la strada che la loro essenza gli ha dettato. Perché dare
voce alla musica della propria interiorità scrivendo una poesia o fondando una
rock band è pur sempre una questione essenziale ed esistenziale.
Occidente
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