sabato 18 gennaio 2014

L'ULTIMO SOLDATO

Come ci riporta la stampa, è morto il tenente dell'esercito giapponese Hiroo Onoda (http://cronacaeattualita.blogosfere.it/post/509451/giappone-morto-il-tenente-che-per-30-anni-ignoro-la-fine-della-guerra) divenutato famoso negli anni '70 allorchè si scoprì che, partito con il ruolo di guastatore dietro le linee nemiche nel 1944, aveva continuato la sua guerra per ben trent'anni, fino al 1974 allorchè accettò di arrendersi quando finalmente venne a contatto con uno dei suoi superiori che gli aveva impartito l'ordine originale.

La sua vicenda è rimasta da allora emblematica. E per tutte una serie di ragioni, il sarcasmo è stata la reazione che il pensiero occidentale ha riservato per lui, nella sua massima parte.
E' anche entrato nel parlare comune. Nel 2008, all'indomani dell'ultimo trionfo elettorale della banda Berlusconi, il prode commentatore del Corriere della Sera Francesco Alberoni affermò che erano simili a lui (ca va sans dire, schernendoli) tutti gli oppositori "non allineati" (ovvero, diversi dal PD: allora, Italia dei Valori e gruppuscoli della società civile) della maggioranza appena insediatasi, con il suo seguito di nani (Brunetta) e ballerine (la Carfagna) e tutto il resto. Encomiabile.

Ma mentre il ridicolo avvolge i commentatori nostrani, e intendo non solo italiani, ma anche le decine che hanno deriso il tenente Onoda negli anni, spesso e volentieri all'estero, mi soffermerei per un attimo di riflessione serio.
La posizione del tenente è alquanto sfortunata. Egli era un soldato giapponese, quindi alleato al blocco nazifascista; il suo esercito venne sconfitto dall'esercito del bene "by definition", gli Stati Uniti. Inoltre, noi occidentale già non abbiamo il minimo rispetto per il senso del dovere "nostro", in tempo di pace; figuriamoci se capiamo cosa significhi il bushido per i giapponesi.
Inoltre, dubito che in molti si siano chiesti cosa significasse per lui scoprire che il suo paese, oltre a tutto il resto, era nel frattempo alleati degli USA, autori delle stragi di Hiroshima e Nagasaki.
Direi che la cosa principale è che decenni di "illuminato" pacifismo ci hanno resi totalmente dimentichi che spesso i volentieri i soldati sono vittime e non carnefici in guerra. E che se scendi sul campo, gli ordini non sono qualcosa di opinabile; sono una necessità, più spesso di vita o di morte che altro.
Quanto poi al fatto che l'onore sia qualcosa di vitale per la loro cultura, noi ridiamo beceramente di questo, senza porre troppa attenzione al livello a cui i valori di base della nostra cultura sono precipitati; quanto al provarci almeno, a capire quelli degli altri, è cosa decisamente troppo faticosa.

Per me un soldato è sempre un soldato, e se la sua vicenda è così paradossale, l'ultima e più mostruosa cosa da fare è tacciarlo di idiozia per ricavarci una delle nostre grasse risate da sitcom. Se il suo senso del dovere si è spinto così in là, non posso che ammirarne la dedizione e lo spirito di sacrificio. E sperare che quanto di buono c'è del suo esempio, almeno un pò, almeno per un istante, arrivi anche a noi.

Riposa in pace tenente.

Toe Cutter


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