domenica 28 settembre 2014

L'ORO DELL'ISIS


Sfogliando i vari quotidiani online, sono incappato in questo interessante articolo del Post (http://www.ilpost.it/2014/09/26/chi-finanzia-isis/), dove si parla dei finanziamenti e dell'economia dell'ISIS. Rispetto al solito sensazionalismo che traspare da altri giornali, bisogna sottolineare la poderosa documentazione a sostegno delle tesi espresse nell'articolo.
Grazie alle informazioni contenute, vorrei approfittarne per elaborare una serie di ragionamenti su alcune complicate questioni che attanagliano le oscure vicende medio-orientali.


Il doppio-gioco del Golfo

Molte fonti riportate dall'articolo tendono ad escludere la partecipazione diretta da parte del Kuwait, dell'Arabia Saudita, del Qatar e di altri paesi del Golfo Persico, nel finanziamento al gruppo terroristico Isis. Si sottolinea invece il ruolo di facoltosi donatori privati, i quali sfruttano abilmente le maglie della legge (specialmente in Kuwait) per aiutare i gruppi terroristici in Siria. Questo quantomeno è quello che emerge dalle dichiarazioni dei governi e dalle indagini ufficiali.
Usando però l'immortale citazione andreottiana "a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca", con un pò di analisi geopolitica e storica, si può decisamente mettere in discussione questa "comoda" versione ufficiale. E' ovvio che sarebbe meglio avere delle prove evidenti come documenti, conti bancari o tabulati telefonici, ma noi siamo soli poveri cittadini, senza i fondi di agenzie come la Cia, l'Nsa o semplicemente l'Interpol.



Ritengo assolutamente non attendibile la teoria che nega il coinvolgimento da parte dei suddetti governi nell'ascesa dell'Isis o nei finanziamenti alle altre fazioni islamiche come Al Nusra. E in mia compagnia ci sono anche ministri del governo tedesco e altre personalità che hanno accusato esplicitamente il Qatar. Ma non è solo il dinamico paese del futuro mondiale 2022 ad essere al centro dell'attenzione. Ci sono ovviamente le altre monarchie del golfo, le quali sono sempre state molto abili a mascherare i doppi-tripli giochi, dettati da rivalità religiose e geopolitiche che vanno ben oltre il classico dualismo "sunniti VS sciiti".
La dicitura "donatori privati" è una frase di comodo con cui tali regimi nascondono le loro politiche estere segrete. Escludendo che i jihadisti di mezzo pianeta siano solo finanziati da manipoli di bottegai della periferia di Riyad, bisogna inevitabilmente concentrarsi su i facoltosi elargitori segreti, i quali possono sfruttare le loro ampie conoscenze nella finanza islamica e tutti i complessi sistemi di riciclaggio e gestione del denaro "fantasma", per evitare di lasciare palesi tracce della loro "offerta". Tali facoltosi, specialmente in paesi come quelli arabi dove i legami religiosi e di "sangue" contano tantissimo, sono necessariamente legati o vicini al governo.
Non è pensabile che le classi dirigenti arabe non si siano mai accorte di certi loro membri troppo contigui alle frange più estreme del mondo islamico o degli enormi flussi di denaro diretti verso la Siria, specialmente dopo tutto quello che è accaduto in seguito all'11 settembre 2001. Al contrario, proprio per evitare in futuro di finire su una spiacevole black list, hanno sfruttato abilmente questa ambiguità in nome dei loro disegni politici.



I paesi sunniti, fin dall'inizio della rivolta contro il regime di Assad, hanno finanziato sottobanco qualsiasi opposizione, pur di annientare uno dei principali alleati dell'Iran nella regione. Sapevano benissimo che i fondi avrebbero alimentato i più feroci gruppi terroristici, ma tutto questo era giustificabile dalla guerra sotterranea contro il mondo sciita e i suoi satelliti. L'Isis o le sue incarnazioni precedenti, erano ben conosciute nell'ambiente da anni, al contrario degli sbadati media occidentali e degli addormentati americani (come al solito notevolmente incompetenti da una parte e furbescamente ingenui dall'altra).
Fino a quando gli integralisti si sono limitati a massacrare il regime di Damasco, la faccenda andava bene a tutti tacitamente, dato che si parlava al massimo di una generica "opposizione siriana" (basta solo ricordare le tragicomiche prese di posizione dei vari governi occidentali sulla questione siriana nel settembre 2013), a parte qualche analista e la Russia (alleato di Assad), la quale sottolineava la pericolosità dell'insorgenza islamica. Solo con il definitivo risveglio del mondo nell'anno 2014, i famigerati paesi del Golfo si sono subito allineati nella Grande Coalizione. Ma questo non cancella i sospetti sulle loro azioni sporche.
E' ovvio che non si troverà mai un documento ufficiale dell'Arabia Saudita o del Kuwait a sostegno dell'Isis e soci, ma allo stesso tempo è evidente che una parte del loro facoltoso mondo, fatto di petrolieri, banchieri e ricchi investitori, sia implicato in questo "grande gioco" medio-orientale. L'Isis ha sicuramente raggiunto la grandeur economica con il petrolio, assalti alle banche e altro, ma la sua ascesa è stata forgiata e aiutata grazie alle ricche e oscure stanze con sede a Dubai, Riyad, Doha, Kuwait City, ecc.



Questo atteggiamento, sporco e doppio-giochista, è una costante nei paesi medio-orientali e lo ritroviamo anche nei confronti dei Fratelli Mussulmani in Egitto (contesi, scaricati o aiutati a seconda del paese implicato), oppure nell'atteggiamento estremamente ipocrita dell'ISI, il quale ha sempre aiutato i Talebani da una parte (e forse coperto per anni l'ubicazione di Osama Bin Laden), mentre dall'altra parte prometteva aiuto e sostegno agli americani nella loro guerra contro il terrorismo.
Non possiamo poi dimenticare l'estrema ambiguità culturale dell'Arabia Saudita, da decenni in prima linea nell'esportazione della visione wahhabita islamica, vero brodo culturale per tutti gli estremisti islamici, e allo stesso tempo grande alleato militare e commerciale dell'Occidente, come riassunto in modo magistrale in questo articolo.


Il delirio statunitense

Sono sicuramente false le teorie complottiste che vedono gli Usa come oscuri "master of puppets" dell'Isis. Ma allo stesso tempo non si può non sottolineare la dabbenaggine della politica estera di Obama e i vuoti di memoria di certi esponenti della classe dirigente americana (McCain o vari esponenti neocon).
Sicuramente gli Usa hanno sottovalutato la ripresa del radicalismo islamico nelle regioni occidentali dell'Iraq e la possibile evoluzione dei ribelli siriani. Osservando la politica estera occidentale degli ultimi 13 anni risalta in modo palese la visione ottusa delle varie amministrazioni americane, la gestione incompetente dei territori occupati e l'enorme spreco di denaro pubblico, drenato nell'ipertrofico apparato militare-industriale.
Oltre a questo, non dobbiamo dimenticarci la falsa ingenuità esibita nei confronti del conflitto siriano. Molti membri del potere americano erano coscienti dell'integralismo di certe fazioni presenti in Siria, così come erano ben informati sul ruolo ambiguo dei paesi del Golfo, con cui hanno rapporti commerciali strettissimi. Hanno semplicemente chiuso un occhio nei confronti dei loro "amici" (invece nei confronti dell'Iran o della Russia sono sempre prontissimi con le sanzioni), in nome della real-politik e dei contratti miliardari.
Rientra invece nella incompetenza più totale (se non fosse per la mediocrità dei leader in questione, si arriverebbe a pensare ai peggiori complotti) i soldi e l'addestramento forniti alla presunta ribellione moderata siriana. Pochi in Italia ricordano lo scandalo dell'operazione Fast & Furious, che ha afflitto l'amministrazione Obama, dove il governo ha "affidato" armi ai narcos con il nobile tentativo di tracciarli, salvo poi perderne le tracce, causando stragi a non finire.
Con la questione siriana si rischia un epilogo ancora peggiore. In un ambiente estremamente infido come la guerra siriana, risultano patetiche e deliranti le spiegazioni dell'amministrazione Obama. Non si capisce quali mirabili assicurazioni potrebbero ricevere da ribelli che spesso hanno cambiato casacca nel corso del conflitto, unendosi ai gruppi più estremisti. Senza contare la notevole superiorità militare dell'Isis sull'FSA, cosa che farebbe finire altre armi nelle mani del califfato.

A quanto pare, come al solito, gli Usa non hanno imparato niente dalla Storia...

Edward Green

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