“L’Essere Umano sarebbe
il massimo capolavoro che la natura ha realizzato nei millenni. Fino a cinque
anni un bambino è l’essere umano perfetto perché è felice di bere, di mangiare,
di esserci.
Ho chiesto alle Nazioni Unite e all’Unesco di proclamare l’essere
umano come patrimonio dell’umanità”.
Silvano Agosti, autore di queste parole, non vuole
essere incasellato in nessun ruolo, in quanto, appunto, essere umano, e questo sembra essere già sufficiente. Possiamo però aggiungere che la sua poliedrica personalità lo porta ad essere contemporaneamente scrittore,
regista, sceneggiatore, montatore, poeta, gestore del cinema Azzurro Scipioni
di Roma, filosofo contemporaneo, Socrate del terzo millennio.
Con una semplicità disarmante teorizza una vita nuova che
mette in pratica lui per primo, una vita libera da catene mentali e sociali di
qualunque tipo orientata all'amore verso di sé e verso il prossimo. Lo spiega
nel libro Lettere dalla Kirghisia,
stato ideale in cui l’essere umano non è schiavo di ruoli imposti dall'alto o
autoimposti, ma è pienamente fruitore della propria esistenza e del proprio
tempo.
“i bisogni fondamentali dell’essere umano sono pochi: avere
un’abitazione, molti amici, molti amori, lavorare tre ore al giorno e godere
dell’esistenza stessa”.
Con le sue opere, a partire dai suoi esordi, Silvano rompe
gli schemi di un inconscio collettivo inaridito e caricaturale. Dopo aver
collaborato alla sceneggiatura de I pugni
in tasca di Marco Bellocchio, analizza l’ipocrisia del familismo italiano
nel suo primo lungometraggio Il giardino
delle delizie, film pesantemente censurato in Italia, distribuito in
Francia.
“Ho avuto la fortuna di
non essere andato a scuola fino all’età di 11 anni per via della guerra. Sono
cresciuto con la curiosità che caratterizza tutti i bambini di 4-5 anni. Cosa
fa un bambino di 4-5 anni? È curioso di tutto, sviluppa una straordinaria
sensibilità e scopre che il codice di comunicazione tra gli adulti è la
menzogna”.
La vita di Silvano Agosti si dimostra piena di stimoli da
quando, a diciotto anni, dopo il diploma, decide di andare in Inghilterra in
autostop per far visita alla tomba di Charlie Chaplin, idolo della sua
infanzia. Dopo di che decide di proseguire il viaggio attraversando il Medio
Oriente e l’Africa del Nord.
“Avevo una
cosa assai più grande della camicia di nilon che indossavo, ovvero la ricchezza
di avere un rapporto vero con quello che mi circondava. Ogni cosa che vedevo e
vedo è uno spettacolo straordinario. Lo spettacolo della vita fuori dalle
città”.
Arrivato a Roma, nel 1960, frequenta il Centro Sperimentale
di Cinematografia.
Nel corso della sua vita realizza documentari che
scandagliano aspetti fondanti dell’esistenza. Indaga il tema della follia
girando il documentario Matti da slegare,
incentrato sull’esperienza dei manicomi.
Offre una visione del concetto di amore con il documentario D’Amor si vive, documentario che si basa
su una serie di interviste a persone di ogni tipo (tra cui un bambino di nove
anni, una ragazza madre e un travestito) con l’obiettivo di elaborare un
concetto corale di amore, ben diverso da quello che l’inconscio collettivo,
aiutato dal cinema americano, ha contribuito a trasmettere.
“L’amore è la capacità
di divenire totalmente ciò che si ama o chi si ama, rimanendo se stessi e si
caratterizza nell’assenza di qualsiasi giudizio nei confronti della persona
amata, nel persistere intatto del sentimento aldilà dei comportamenti di chi si
è deciso di amare e nel crescere progressivo del sentimento d’amore nel corso
del tempo”.
Silvano Agosti è un petardo emotivo che diffonde serenità e
rende avventurosa anche la più
becera quotidianità, con l’umiltà di chi non si propone guru di nessun credo ma
essere umano curioso di imparare da ogni esperienza che la vita presenta.
Ascoltare una sua intervista consente allo sguardo di
aprirsi, di molto.
Occidente
Nessun commento:
Posta un commento