lunedì 10 febbraio 2014

L'ODIOSA IPOCRISIA DI OBAMA E SOCI


Tre giorni fa, il 7 febbraio 2014, si è tenuta l'inaugurazione dei XXII Giochi Olimpici Invernali a Sochi in Russia. Le celebrazioni dei giochi sono state precedute da un fiume di polemiche che hanno investito il leader Putin e le leggi emanate dal suo governo contro gli omosessuali. Numerose sono state le proteste da parte di diversi leader occidentali, con l'appoggio di quasi tutti i media mainstream, unite a diverse provocazioni, fra cui quella di Obama (che ha mandato come rappresentanti degli Usa due atlete lesbiche) e il rifiuto di altri leader, come la Merkel, di presenziare alla cerimonia di apertura.
Come al solito i governi occidentali, o almeno la maggior parte di essi*, cade nell'eterna, odiosa ipocrisia dell'indignazione a corrente alternata, la quale viene usata solo quando fa comodo e con chi non rientra appieno nei nostri ranghi. Sostanzialmente questo atteggiamento insulso e insopportabile si esplica su due livelli di ipocrisia:

- Il primo livello riguarda la falsa preoccupazione per il destino dei perseguitati. In verità a Obama, la Merkel e gli altri leader, non gliene frega niente degli omosessuali russi, delle loro persecuzioni o di quello che succede in altre parti del mondo dove si flagellano le minoranze. La questione viene unicamente sfruttata come arma per denigrare l'avversario di fronte al mondo intero, sostanzialmente per mere questioni geo-politiche e logiche da potenza. 
In questo caso l'interesse di Obama e dell'Unione Europea nel condannare Putin, deriva dalla competizione su due questioni; nel caso del presidente americano c'è in corso un conflitto a bassa intensità sulla questione siriana. Di sicuro l'amministrazione Usa non ha dimenticato l'umiliazione che ha subito dai Russi nei mesi precedenti (e Putin era uno dei pochi con il cervello sulle spalle, in mezzo a quella di mandria di sciroccati, che tra poco finiva per appoggiare i peggiori squadroni di Al Qaeda). Invece la UE è impegnata in uno scontro con la Russia per quanto riguarda le sfere di influenza sull'Ucraina, un paese spaccato a metà fra la popolazione filo-europea e quella filo-russa.
Non dobbiamo poi dimenticare poi che i leader occidentali sono spinti anche dal mantenimento del consenso interno. Ovviamente i proclami servono solo per farsi vedere falsamente attivi dall'opinione pubblica. Oltre alle parole, non segue nient'altro. Non si è mai visto un leader americano o tedesco sospendere i contratti miliardari con i peggiori regimi (tipo l'Arabia Saudita) in nome dei diritti umani e delle minoranze. Al contrario, dietro le quinte, è un fiorire di sorrisi, strette di mano e pacche sulle spalle.



- Il secondo livello, strettamente collegato al primo, si manifesta nella scelta dei bersagli. Perchè a livello teorico l'Occidente è sempre schierato per il rispetto dei diritti umani. A livello reale e pratico, le denunce funzionano a corrente alternata, a seconda se sono nostri amici o nemici. Nel caso dei nemici (di solito quattro gatti non allineati con il sistema globale) si manifesta tutta la potenza della propaganda del "mondo libero", che denuncia ogni secondo le peggiori nefandezze a media unificati. Se invece si tratta di nostri amici (come certi Emirati arabi e altri) si chiude un occhio o si comunica al massimo una blanda critica nel trafiletto a pagina 40 dei giornali. In ogni caso vale sempre una sola regola: business is business. E quindi a seconda delle opportunità economiche, si cambia con disinvoltura l'atteggiamento (Un esempio evidente è stata la vicenda di Gheddafi: nel corso della sua vita è passato dall'essere un terrorista fino a diventare un leader saggio e con cui fare buoni affari. Poi è stato scaricato e additato come un orco da abbattere senza pietà).



Questa ipocrisia pervade sempre più le nostre classi dirigenti, composte da gente abituata alla doppia sporca morale, a seconda di chi hanno davanti. L'Occidente invece dovrebbe compiere una scelta netta; o sposa l'universalismo a tutti i costi (pagandone il prezzo fino in fondo) e quindi armi in pugno si mette a esportare democrazia, diritti umani e propri usi e costumi, facendo la guerra a metà pianeta (scelta che ritengo estremamente idiota e deleteria per innumerevoli motivi). Oppure ritorna al principio di autodeterminazione dei popoli e ad un sano e sincero realismo e pragmatismo, senza condirlo con quell'insopportabile "politically correct" di matrice anglosassone. Quindi al posto della neolingua, di orwelliana memoria in nome del buonismo, torniamo a dire le cose come stanno: le missioni di pace sono missioni di guerra per mantenere i nostri interessi... certi paesi vanno invasi o puniti perchè non fanno il nostro gioco... di quello che succede ai poveri perseguitati cinesi o egiziani non ci interessa... gli affari vanno fatti con chiunque perchè "pecunia non olet", ecc, ecc.

Un pò di dura sincerità ogni tanto.

Edward Green



* Per una volta, mi tocca riabilitare il nostro premier Enrico Letta, che quantomeno ha avuto la decenza di evitare la farsa della mancata presenza all'inaugurazione delle olimpiadi invernali.

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